I. "Il flauto dolce non è uno strumento cromatico"

Gianluca Barbaro

Leggende urbane sul flauto dolce

Partiamo da un paio di definizioni per i meno avvezzi. Nel sistema occidentale prevalentemente in uso ci sono dodici note diverse che si ripetono ciclicamente a diverse altezze (ottave). Uno strumento è detto cromatico quando è in grado di emettere in maniera utilizzabile musicalmente tutte e dodici le note per buona parte dell’estensione a disposizione. Al contrario è detto diatonico quando emette prevalentemente solo un sottoinsieme di note. Con riferimento alla tastiera del pianoforte, ad esempio abbiamo:

  • cromatico: tasti bianchi e tasti neri
  • diatonico: soli tasti bianchi.
Se aprite la tavola delle diteggiature di qualunque flauto barocco/moderno (ad esempio lo stesso flauto dolce soprano in uso nelle scuole) troverete che le note ci sono tutte e dodici per almeno due ottave, anzi magari qualcuna ha anche più d’una posizione. (Per le diteggiature di quasi tutti i flauti dolci esistenti, andate sull’ottimo sito http://www.recorder-fingerings.com/it/).
Quindi chi sostiene che il flauto dolce non è uno strumento cromatico perché non ha tutte le note, sbaglia a causa di una conoscenza superficiale dello strumento.
Se però guardiamo alla definizione data poc’anzi, ci accorgiamo che non basta la capacità di emissione delle note, ma anche la loro utilizzabilità musicale. Su questo punto anche chi conosce molto bene lo strumento si divide. Alcuni pensano che quelle note e determinate tonalità siano poco o scarsamente utilizzabili a causa di almeno uno di tre fattori:
  1. difficoltà di diteggiatura (diteggiature a forchetta);
  2. difficoltà di intonazione;
  3. inferiore qualità nel suono.
Questi tre fattori sono reali e creano sicuramente dei problemi nel suonare il flauto dolce in generale. Ma è proprio la loro presenza su tutta l’estensione dello strumento e non solo su alcune note, a renderli fattori ininfluenti nel determinare la cromaticità dello strumento. Ovvero:
  1. le difficoltà di diteggiatura ci sono anche nella scala di base dello strumento, non solo in quelle di altre tonalità lontane, o in quella cromatica;
  2. l’intonazione è difficile per pressoché ogni nota dello strumento, almeno in fase iniziale di studio;
  3. la mancanza di uniformità nel timbro (legata a doppio filo all’intonazione) riguarda, ancora una volta, tutte le note e non solo quelle alterate (i tasti neri del pianoforte…).
Tali difficoltà sono in molti casi maggiori nel caso di alcune note alterate, e questa è forse l’origine di questa leggenda urbana. Infatti, nella nostra definizione di cromaticità non abbiamo detto che tutte e dodici le note debbano essere facili da suonare. Non è un requisito che corrisponda al buon senso perché nessuno strumento è, in fin dei conti, facile da suonare.
Suonare tutte le note in tutte le tonalità è, in ultima istanza, più che possibile sul flauto dolce, solo è abbastanza difficile e richiede un impegno di studio specifico.